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venerdì 10 maggio 2019

Blog tour "Quando Betta filava" di Alessio Del Debbio - quarta tappa-

Eccoci nuovamente a voi cari amici del Bosco, mentre a Torino è in pieno svolgimento il Salone Internazionale del libro,  vi proponiamo una lettura che verrà presentata in anteprima proprio al Salone.

Con grande piacere partecipiamo alla quarta tappa del blog tour dedicata alle leggende inserite nell'antologia «Quando Betta filava» di Alessio Del Debbio - NpsEdizioni.



Quando Betta filava” è un’antologia di racconti ispirati a leggende e tradizioni popolari toscane, per cui i luoghi in cui si svolgono le storie sono in Toscana. Ma non aspettatevi grandi città! Spesso, i luoghi più ricchi di folclore e tradizione sono campagna e montagna, borghi storici e cittadine meno note, ma ricche di storia, cultura e leggende popolari.

Siete pronti per scoprire le leggende che potrete scoprire acquistando questo libro?

La Toscana è una terra ricca di leggende, tradizioni popolari, storie di folclore, che si tramandavano da nonno a nipote, spesso raccontandole attorno al fuoco. Credenze che hanno contribuito a rendere vivo e vitale un territorio, fatto anche di spauracchi, di creature fantastiche e magie.
Nella stesura dei racconti di “Quando Betta filava” l'autore si è divertito a recuperare molte di queste leggende, per valorizzarle e impedire che vadano perdute, facendone materia narrativa. Un approccio diverso, più locale, nostrano, al fantastico.

Eccone alcune:

KINZICA
Forse la più celebre leggenda pisana, quella di Kinzica Sismondi. Su di lei, poco si sa, poco di concreto, come è il bello di tutte le leggende. Paolo Tronci, nei suoi “Annali di Pisa” (1829), la chiama Chinsica Sismondi o Gismondi. Era una donna vissuta a Pisa all’inizio dell’undicesimo secolo, forse di origini nordafricane, dato il nome (cosa probabile, dato che Pisa, attorno all’anno Mille, era ricca di mercanti provenienti dall’Africa e dal Vicino oriente). A lei viene dato il merito di aver impedito la distruzione totale e il saccheggio della città nel 1005 (o nel 1016, secondo altri storici), durante l’incursione araba guidata da Musetto.
Vedendo le fiamme divorare parte della città, Kinzica sarebbe corsa dai governanti locali, urlando “al fuoco! Al fuoco!”, svegliando loro e la città e facendo suonare le campane. In questo modo uomini e donne si sarebbero uniti ai soldati, convincendo gli arabi a tornare alle navi. Un’eroina cittadina, in pratica.
A lei è dedicato il racconto che chiude l’antologia: “L’ultima Kinzica”. Ambientato in un futuro distopico, dove l’umanità non si è ancora stancata dei suoi errori, segue le vicende di tre ragazzi in cerca di un locale proibito. Tre ragazzi nati nel quartiere dei Barattoli e che portano nel cuore gli ideali di Kinzica, convinti che la Protettrice tornerà a liberarli dal giogo della tirannia.

La statua di Kinzica sembrava ondeggiare fuori dal tempo, con le lunghe vesti avvolte dai rampicanti, ma lo sguardo ancora fiero, come doveva esserlo la notte in cui svegliò il popolo per avvisarlo dell’invasione nemica. Al suo spirito indomito Marco si aggrappò, allungando una mano verso di lei. 
«Salvaci» mormorò.
(estratto dal racconto “L’ultima Kinzica”)

SARASIN
Maghi potentissimi, operanti soprattutto in Lunigiana, che nel Mondo Antico innalzarono costruzioni gigantesche, megalitiche, rivaleggiando con i Giganti. Col tempo, impauriti dalla degenerazione dell’uomo, sono scomparsi, rifugiandosi in anfratti scavati nelle montagne, soprattutto lungo le pareti rocciose degli Stretti di Giaredo, poco distante da Pontremoli.
Pare che esistesse persino un sentiero, l’antica Cà de Sarasin, che collegasse le loro abitazioni nella valle del torrente Gordana, ma le sue tracce sono andate smarrite.
I sarasin compaiono o, per meglio dire, sono oggetto della ricerca del protagonista di “Oltre gli stretti”, racconto ambientato agli Stretti di Giaredo in Lunigiana.

Devono esistere, devo credere che siano sopravvissuti, che uno di loro oda la mia supplica o non riuscirò a chiudere il cerchio. Avrei potuto farlo prima, avrei dovuto, è vero, ma alla vita ero attaccato, e forse mi ci ero abituato. Quattro secoli di ricordi adesso stanno diventando troppi. Troppe voci, troppi orrori per non poter desiderare un po’ di pace.
(estratto dal racconto “Oltre gli stretti”).

TIRRENIDE
La leggendaria Atlantide del Tirreno, il continente che occupava l’antico Mediterraneo occidentale, poi sprofondato tra i flutti. Della sua esistenza, era convinto Costantino Cattoi, asso dell’aviazione nella Prima guerra mondiale e fervido amante della storia e dei misteri.
Fu fondata dai Ciclopi, creature gigantesche e deformi, che ne furono i primi abitanti: i progenitori dei Pelasgi e, per tramite loro, degli Etruschi. Vi hanno vissuto gli antichi popoli dei mari, come gli Oceanini, sirene e tritoni, esseri senzienti in grado di piegare la mente umana, finché il grande imperatore Federico II di Svevia non guidò una crociata contro di loro. Al termine di quel sanguinoso conflitto, il continente sprofondò e da allora non se ne seppe più niente, anche se qualcuno ritiene, di tanto in tanto, di aver avvistato strani esseri spiaggiati lungo le coste toscane…
La Tirrenide è l’oggetto della ricerca di Elena e Martin nel racconto “Sulle tracce della Tirrenide”, ambientato ad Ansedonia e attorno alla laguna di Orbetello, due ragazzi che ritrovano il diario di Costantino Cattoi e vogliono recuperarne i tesori.

«Così tante strutture di avvistamento, a cosa dovevano servire se non a tener d’occhio il mare? O quello che si cela nelle sue profondità?» ripeteva spesso Elena, con una luce d’eccitazione negli occhi.
(estratto dal racconto “Sulle tracce della Tirrenide”).


Se volete sapere dove trovare questa antologia approfittate del Salone del Libro di Torino e cercate Alessio del Debbio allo stand NpsEdizioni 

Buona lettura





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