Eccoci nuovamente a voi cari amici del Bosco, mentre a Torino è in pieno svolgimento il Salone Internazionale del libro, vi proponiamo una lettura che verrà presentata in anteprima proprio al Salone.
Con grande piacere partecipiamo alla quarta tappa del blog tour dedicata alle leggende inserite nell'antologia «Quando Betta filava» di Alessio Del Debbio - NpsEdizioni.
“Quando Betta filava” è un’antologia di
racconti ispirati a leggende e tradizioni popolari toscane, per cui i luoghi in
cui si svolgono le storie sono in Toscana. Ma non aspettatevi grandi città!
Spesso, i luoghi più ricchi di folclore e tradizione sono campagna e montagna,
borghi storici e cittadine meno note, ma ricche di storia, cultura e leggende popolari.
Siete pronti per scoprire le leggende che potrete scoprire acquistando questo libro?
La
Toscana è una terra ricca di leggende, tradizioni popolari, storie di folclore,
che si tramandavano da nonno a nipote, spesso raccontandole attorno al fuoco. Credenze
che hanno contribuito a rendere vivo e vitale un territorio, fatto anche di
spauracchi, di creature fantastiche e magie.
Nella
stesura dei racconti di “Quando Betta
filava” l'autore si è divertito a recuperare molte di queste leggende, per
valorizzarle e impedire che vadano perdute, facendone materia narrativa. Un approccio
diverso, più locale, nostrano, al fantastico.
Eccone
alcune:
KINZICA
Forse
la più celebre leggenda pisana, quella di Kinzica
Sismondi. Su di lei, poco si sa, poco di concreto, come è il bello di tutte
le leggende. Paolo Tronci, nei suoi “Annali
di Pisa” (1829), la chiama Chinsica Sismondi o Gismondi. Era una donna vissuta
a Pisa all’inizio dell’undicesimo secolo, forse di origini nordafricane, dato il
nome (cosa probabile, dato che Pisa, attorno all’anno Mille, era ricca di
mercanti provenienti dall’Africa e dal Vicino oriente). A lei viene dato il
merito di aver impedito la distruzione totale e il saccheggio della città nel
1005 (o nel 1016, secondo altri storici), durante l’incursione araba guidata da
Musetto.
Vedendo
le fiamme divorare parte della città, Kinzica sarebbe corsa dai governanti locali,
urlando “al fuoco! Al fuoco!”, svegliando loro e la città e facendo suonare le
campane. In questo modo uomini e donne si sarebbero uniti ai soldati,
convincendo gli arabi a tornare alle navi. Un’eroina cittadina, in pratica.
A
lei è dedicato il racconto che chiude l’antologia: “L’ultima Kinzica”. Ambientato in un futuro distopico, dove l’umanità
non si è ancora stancata dei suoi errori, segue le vicende di tre ragazzi in
cerca di un locale proibito. Tre ragazzi nati nel quartiere dei Barattoli e che
portano nel cuore gli ideali di Kinzica, convinti che la Protettrice tornerà a
liberarli dal giogo della tirannia.
La statua di Kinzica sembrava
ondeggiare fuori dal tempo, con le lunghe vesti avvolte dai rampicanti, ma lo
sguardo ancora fiero, come doveva esserlo la notte in cui svegliò il popolo per
avvisarlo dell’invasione nemica. Al suo spirito indomito Marco si aggrappò,
allungando una mano verso di lei.
«Salvaci» mormorò.
(estratto
dal racconto “L’ultima Kinzica”)
SARASIN
Maghi
potentissimi, operanti soprattutto in Lunigiana, che nel Mondo Antico
innalzarono costruzioni gigantesche, megalitiche, rivaleggiando con i Giganti. Col
tempo, impauriti dalla degenerazione dell’uomo, sono scomparsi, rifugiandosi in
anfratti scavati nelle montagne, soprattutto lungo le pareti rocciose degli
Stretti di Giaredo, poco distante da Pontremoli.
Pare
che esistesse persino un sentiero, l’antica Cà de Sarasin, che collegasse le
loro abitazioni nella valle del torrente Gordana, ma le sue tracce sono andate
smarrite.
I
sarasin compaiono o, per meglio dire, sono oggetto della ricerca del
protagonista di “Oltre gli stretti”,
racconto ambientato agli Stretti di Giaredo in Lunigiana.
Devono esistere, devo credere che
siano sopravvissuti, che uno di loro oda la mia supplica o non riuscirò a
chiudere il cerchio. Avrei potuto farlo prima, avrei dovuto, è vero, ma alla
vita ero attaccato, e forse mi ci ero abituato. Quattro secoli di ricordi
adesso stanno diventando troppi. Troppe voci, troppi orrori per non poter
desiderare un po’ di pace.
(estratto dal racconto “Oltre gli stretti”).
TIRRENIDE
La
leggendaria Atlantide del Tirreno, il continente che occupava l’antico Mediterraneo
occidentale, poi sprofondato tra i flutti. Della sua esistenza, era convinto
Costantino Cattoi, asso dell’aviazione nella Prima guerra mondiale e fervido amante
della storia e dei misteri.
Fu
fondata dai Ciclopi, creature gigantesche e deformi, che ne furono i primi
abitanti: i progenitori dei Pelasgi e, per tramite loro, degli Etruschi. Vi hanno
vissuto gli antichi popoli dei mari, come gli Oceanini, sirene e tritoni,
esseri senzienti in grado di piegare la mente umana, finché il grande imperatore
Federico II di Svevia non guidò una crociata contro di loro. Al termine di quel
sanguinoso conflitto, il continente sprofondò e da allora non se ne seppe più
niente, anche se qualcuno ritiene, di tanto in tanto, di aver avvistato strani esseri
spiaggiati lungo le coste toscane…
La
Tirrenide è l’oggetto della ricerca di Elena e Martin nel racconto “Sulle tracce della Tirrenide”, ambientato
ad Ansedonia e attorno alla laguna di Orbetello, due ragazzi che ritrovano il
diario di Costantino Cattoi e vogliono recuperarne i tesori.
«Così tante strutture di
avvistamento, a cosa dovevano servire se non a tener d’occhio il mare? O quello
che si cela nelle sue profondità?» ripeteva spesso Elena, con una luce
d’eccitazione negli occhi.
(estratto
dal racconto “Sulle tracce della
Tirrenide”).
Se volete sapere dove trovare questa antologia approfittate del Salone del Libro di Torino e cercate Alessio del Debbio allo stand NpsEdizioni
Buona lettura
Grazie mille! :)
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