Lettori cari,
vi offriamo un nuovo viaggio onirico tra le liriche: questa volta ospitiamo i poemi di Leonardo Manetti che li ha raccolti e pubblicati nel suo libro SCHIANTI.
Buona lettura...
La poesia può essere semplicemente composta da attimi di
esitazione deliziati dalla sensibilità di una persona che non molla,
ricominciando a vivere d’incantesimi che si schiudono per gesti cordiali, che
si armonizzano flebilmente.
Versi, quelli di sChianti, consci di una gioia totalizzante,
tutta da tastare, di una fonte d’energia da mirare assolutamente (“ La Luna è
come il Sole: prima t’illumina e poi se ne va ”), che altrimenti scompare in un
parlato assente, da rendere coinvolgente spogliandoci del terrore per un
destino che nessuno ci può assegnare con forza (“ Parole senza suono ci
uniscono all’ascolto ”).
Un singolo atterraggio dall’immaginario è in grado di
riaccendere l’umore di Manetti, quella volontà silente nel richiedere
spiegazioni guardandoci con cura, per appoggiarci reciprocamente,
coraggiosamente (“ Un salvagente senza timore ”), e venire così ritoccati dai
raggi solari che a sorpresa ti confidano che siamo futuribili, seppur oppressi
da nubi che fanno presagire niente di buono, volgendo praticamente lo sguardo
all’insù.
La lettura dell’opera è gravida di una curiosità
fanciullesca, ci riporta a un arcobaleno che non puoi fare a meno di osservare
(“ Esclamo ‘che bello’ ”), mentre il tempo passa normalizzando, scandito da
melodie sincere, in un paesello carico di valori da trasmettere alle nuove
generazioni, che si fa scorgere amabilmente, naturalmente, tra l’umiltà nel
coltivare del benessere e la speranza di rispuntare allegramente dalla terra, a
caratterizzare insomma una località che si è fatta da sé.
V’è tutta una disponibilità da consacrare… limiti umani,
minuscoli, che si approcciano tra di loro, come se sospesi in aria per poi
ricadere, piano, su una stima floreale; come se il poeta appartenesse a una
quiete che gli permette di concentrarsi sulla sua anima, anche a costo di stare
male e ammutolirsi, con la fisicità da sondare, pericolante.
Emerge tanta preoccupazione (“ Ansia raccolta in vasi bucati
”) che risulta compressa e oscurantista perché non si condivide il fatto che
l’emotività la si possa ritrovare nelle piccole cose a contraddistinguere
l’immensità di ogni sensazione d’appurare, fino a tenere conto, in modo
shakespeariano, magari di provare amore per una donna che si reputa di per sé
ancora estranea (“ Tu vivi tenacemente nel mio cuore ”); sbizzarrendoti, per
poi volgersi all’indietro, a scontare un percorso irto di ostacoli
riconducibili al pessimismo, con lo sconforto visibile, stagnante su una
guancia d’accarezzare, sulla pelle che si incide per dell’inconcludenza da
intendere oggettivamente affinché traspaia e ci si meravigli di un cielo reso
complicato impugnando una sottospecie di cronometro, e assorbendo, come degli
imperfetti strumenti dell’ignoto, la stoltezza epocale, una variante episodica
sancita tristemente da noi stessi che ci muoviamo maldestramente, senza aver
lucidato il particolare che avvantaggia il buonsenso al cospetto della memoria
comune, intrisa di malafede; da soli, alla faccia dei rumori.
Leonardo Manetti nutre il desiderio di approfondire il
contenuto dei suoi polmoni, quando l’espressività attorno a lui si congela, si
aggrappa a un’indole bestiale, con la comunicazione che si sta allontanando dal
sempre di un termine da sillabare qual è Amore (“ Le parole sono difficili se
scrivono Amore ”) .
L’autore attraverso la poesia risponde a una tragedia sorda,
disinnescata lentamente grazie a degli affetti autentici, che non si smette mai
di riscoprire (“ La magia della parola ‘StraAmore’ ”); a un incidente stradale
che lo ha rimpicciolito per maturare definitivamente e riprodurre una netta
sinergia tra le proprie origini, tra odori e sapori; un guadagno imperturbabile
senza esagerare con le aspirazioni, ma perseguendo dell’abitudinaria carineria;
per cogliere, prima di quel sogno che è la felicità, il piacere di stare in
pace per ritenersi giustappunto innocenti, contenti di possedere della
solidarietà intramontabile.
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