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domenica 19 luglio 2020

"La Biblioteca di Belisa", di Erica Gazzoldi [Recensione]

Amici Lettori
oggi vi proponiamo una raccolta di liriche realizzata da Erica Gazzoldi e prodotta con Laminia Mentis Editore.
Scopriamo insieme di cosa si tratta!


LA BIBLIOTECA DI BELISA
di Erica Gazzoldi
Laminia Mentis Editore - Collana Ardeur
294 pagine - 16,15 €








Recensione a cura di Vincenzo Calò

La Gazzoldi scrolla il desiderio dei veri lettori, di avere tra le mani un’opera letteraria a patto che non sia mai stata consultata; e con l’atmosfera rasserenante, che solo una struttura accogliente, che sappia di un’essenza naturale, può ricostituire… riscaldata da raggi solari che s’infiltrano senz’accecare minimamente, come ad addensare il presupposto per le più intime confidenze.

Ben lungi insomma dall’abbandono, da uno stato d’animo decadente, quello tipico dei posti sovraccarichi di culturale sentore.

In effetti il luogo in dotazione rievoca della germogliante, fitta vegetazione, da inspirare a pieni polmoni, per emozionarsi nelle tenebre identificabili in una persona, dacché capace di ospitare qualsiasi tipo di luce; ignara semmai del proprio destino, di volgere alla fine in balia di una ragione sferzante.

La protagonista si chiama Belisa, è una giovane donna che crede bene di mettere le sue radici in un contesto strutturale che rigenera nient’altro che il Pensiero, e difatti i libri che si rendono preda della sua curiosità danno il là ai vari capitoli di questa raccolta di versi.

Quindi ci possiamo trovare dinanzi a una dedica nei riguardi di un sentimento positivo ma pur sempre immaturo, che non tornerà più in sesto, come anche a dover riflettere sulla bellezza di un’intesa tra donne, che hanno magari modo di comunicare in cuor proprio.

L’autrice si anima con una svolta paradisiaca ma non invasiva, e, carente di un rispettoso altrove come tutti del resto, classicheggia coi messaggi che manda, o drammatizza l’umanità argomentando sul malessere e sull’inesistenza; ma con la vivacità leggendaria di quel fantasmino, Titivillus, che ai tempi del medioevo sgraffignava gli epistolari tralasciati dagli addetti alle pubblicazioni.

La poesia poi si espande, la parola si fa apparentemente straniera, essendo ispirata persino dai meandri di una musica aggressiva, di un entusiasmo che la Gazzoldi ha scoperto da poco, suscitante anch’esso delle impressioni a pelle, che vibrano, che si allargano di-versificando alla fine della silloge; di questa specie di excursus per consacrare nuovamente un intelletto elevato, ma alla portata di chiunque.

“La biblioteca di Belisa” contiene anche certe poesie scritte intingendo le emozioni nella lingua cara per la Gazzoldi, ridestante le sue origini manerbiesi, e cioè bresciane… accompagnate addirittura da disegni notevoli, eh già… in effetti ciascun capitolo si apre con svariate immagini che sembrano riprodursi da sé, opera sempre di Erica.

Particolare la riproposizione, illustrata e a parole, della lirica “La risata”, che brilla di contemporaneità, alla fine di “Titivillus”, e ad appannaggio di una forma sia stilistica che concettuale, alternante l’oscurantismo col sogno, a seguito di un’elaborazione che s’è protratta con passione; come a dover percorrere uno e più sentimenti di conseguenza.

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